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L'habeas data nell'era digitale: un pilastro per la protezione della privacy e dell’identità virtuale

Verso una maggiore consapevolezza dei diritti digitali per garantire l’integrità dell’individuo nell’era dell’informazione.



Uno dei fenomeni più caratterizzanti del nostro presente è la sempre più intensa digitalizzazione delle nostre vite. Oggi, infatti, assistiamo a una progressiva trasformazione del concetto di realtà, che vede l’individuo in balia di una dimensione online sempre più pervasiva. In questa dimensione, l’individuo partecipa come estensione virtuale di sé stesso, che altro non è che il risultato del suo modo d’essere nel mondo reale. Il «vivere in rete» si afferma come teatro di interazioni sociali, lavorative e personali. Tuttavia, questa transizione dalla dimensione reale a quella virtuale porta con sé sfide inedite, in particolare riguardo alla gestione e alla protezione dei dati personali. Il rischio di ridurre la persona a mero oggetto di raccolta dati per scopi di controllo sociale o economico pone una questione fondamentale: come garantire che questo «io» virtuale rimanga sotto il controllo dell’individuo, preservandone l’integrità e le libertà fondamentali?

La questione si estende alla ricerca di una formula che permetta di coniugare il rispetto della dignità umana, intrinsecamente legata alla protezione dei dati personali, con la promozione della libera circolazione delle informazioni, motore indispensabile per il progresso dell’economia digitale. Pertanto, l’invocazione di un habeas data emerge come risposta cruciale a questa sfida. L’habeas data non è un’invocazione nuova, ma è un’esigenza che si sposa perfettamente con l’era della società dell’informazione. Il bisogno di tutela da ingerenze arbitrarie nella propria libertà personale trova il suo antenato nel principio dell’habeas corpus, letteralmente «che tu abbia il corpo».

Pertanto, l’habeas data è un principio volto a proteggere i dati personali e a garantire un pieno esercizio del diritto all’autodeterminazione informativa. In un’era in cui la negazione dell’accesso alle proprie informazioni personali potrebbe tradursi in una forma di esclusione sociale, da un lato è imperativo che ogni individuo possa esercitare un controllo attivo e consapevole sulla propria identità virtuale, dall’altro deve ritenersi inammissibile che un soggetto si trovi nella condizione di dover cedere i propri dati, alla stregua di una qualunque controprestazione pecuniaria, per accedere ad un servizio. La manipolazione dei dati personali, avendo potenziali conseguenze discriminatorie o lesive per l’individuo, solleva preoccupazioni significative. È concreta la possibilità che soggetti pubblici e privati possano utilizzare tali informazioni per influenzare comportamenti o restringere libertà fondamentali, quali quella di espressione e di accesso all’informazione. Questi sono i motivi per cui tali elementi atomici che costituiscono il corpus elettronico, i dati, non possono essere trattati alla stregua di semplici oggetti di scambio.

La visione europea, che mira a proteggere i dati personali da una loro commercializzazione indiscriminata, riflette un impegno profondo verso la salvaguardia dell’identità dell’individuo nell’era digitale. Questa attenzione a tutelare il dato dal divenire un bene di commercio si rinviene già da questo passaggio, tratto da La vita e le regole di Stefano Rodotà: «i diritti fondamentali si pongono a presidio della vita che in nessuna sua manifestazione può essere attratta nel mondo delle merci». Rammentando che il diritto alla protezione dei dati personali trova fondamento nell’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – c.d. Carta di Nizza – e nell’art 8. della Convenzione europea dei diritti dell’uomo; dunque, è un diritto fondamentale. Tali riflessioni hanno trovato concreta applicazione nel regolamento UE 2016/679, meglio noto come GDPR, che stabilisce il primato della tutela dell’individuo – il c.d.  «interessato» – nel trattamento dei dati personali rispetto agli interessi commerciali; oggi il principio dell’habeas data si persegue grazie alla cultura del consenso e alla tutela della figura dell’interessato che in quanto tale è titolare di diritti, i cc.dd. diritti dell’interessato ex artt. 15-22 Regolamento UE 2016/679 .



Conclusione

L'habeas data può quindi rappresentare un baluardo fondamentale nella difesa della privacy e dell'identità virtuale. In un mondo sempre più connesso, assicurare determinate garanzie è funzionale non solo proteggere l'individuo da potenziali abusi, ma anche promuovere una cultura digitale basata sul rispetto della dignità umana.





Bibliografia

  • D’Cunha C., Idee di Giovanni Buttarelli, trascritte da Christian D’Cunha, in Privacy 2030. Una nuova visione per l’Europa, Garante per la protezione dei dati personali, International Association of Privacy Professionals, 2019, https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Privacy+2030+-

  • Rodotà S., Il mondo nella rete. Quali i diritti, quali i vincoli, Bari, 2014.

  • Rodotà S., Tecnologie e diritti, Bologna, 1995.

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