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Le self-driving cars: una panoramica generale

Tra le numerose tecnologie legate alla robotica e all’intelligenza artificiale (IA) in corso di sviluppo negli ultimi anni, quella delle auto a guida autonoma è, senza dubbio, una delle più promettenti, nonché ricche di conseguenze sociali, economiche e, inevitabilmente, anche giuridiche. Il termine self-driving car fa riferimento ad un’auto a guida autonoma o ad un’auto senza conducente, anche detta driverless car. Si tratta di un veicolo che utilizza la tecnologia e, in particolare, una combinazione di sensori, telecamere, radar e IA per sostituire il conducente con i sistemi di sicurezza e per monitorare le condizioni della strada in modo autonomo. Questo fenomeno costituisce l’emblema di una molteplicità di progressi tecnologici che, nel loro complesso, hanno dato avvio a un processo di trasformazione della mobilità caratterizzato dall’automazione della guida e della connessione tra veicoli e infrastrutture.

 

 

1. Caratteristiche

Per essere considerato completamente autonomo, un veicolo deve essere in grado di muoversi verso una destinazione predeterminata, su strade che non sono state appositamente adattate al suo utilizzo e senza l'intervento umano. La capacità del veicolo di eseguire in modo indipendente delle operazioni di guida tradizionalmente effettuate dal pilota rappresenta solo una delle componenti di un complesso sistema che presuppone coordinamento tra veicoli capaci di comunicare tra di loro e di essere messi in connessione anche con le infrastrutture circostanti. I sistemi di guida connessa, infatti, sembrano strutturati per essere concepiti a partire da un unico presupposto fondamentale: condividere grandi quantità di dati, il cui utilizzo è essenziale sia per il funzionamento dell'infrastruttura sia per il funzionamento del software che regola la guida autonoma.

Già nel 1965 erano stati creati programmi in grado di risolvere qualsiasi problema o quesito scritto sotto forma di linguaggio logico. La tradizione logicista, così come definita nel settore dell’intelligenza artificiale, richiede però delle conoscenze del mondo e delle condizioni che raramente si verificano nella realtà. Ciò rende necessario fare affidamento alle teorie della probabilità, le quali consentono un ragionamento disciplinato in presenza di dati incerti, in maniera tale da creare un modello mentale razionale che permetta di comprendere il funzionamento del mondo, fino alla capacità di prevedere il futuro, il tutto partendo da informazioni percettive grezze e mutevoli. Grazie altresì ai metodi basati sull’apprendimento automatico, sono stati creati agenti abili nel prendere decisioni con lo scopo di raggiungere il miglior risultato atteso, anche in condizioni di incertezza. Con l’espressione «agente artificiale» si fa riferimento ad un’entità che agisce ed è in grado di operare in maniera autosufficiente, avvertendo l’ambiente esterno e adattandosi ad esso, dedicandosi all’attività per un lungo periodo di tempo, il tutto con lo scopo di perseguire degli obiettivi. Per fare ciò, gli agenti prendono delle decisioni che provengono dalla loro rappresentazione della conoscenza e dal ragionamento. In particolare, un agente razionale agisce cercando di ottenere il miglior risultato o quanto meno il miglior risultato atteso in condizioni di incertezza.

Il predetto schema rappresenta quello che può essere definito un modello standard, al quale è però necessario apportare degli aggiustamenti considerato che l’agente opera spesso in ambienti complessi che richiedono importanti requisiti di calcolo. Tale modello standard richiede come assunzione di base che venga fornito alla macchina uno specifico obiettivo nella sua completezza; tuttavia, quando si passa dalla teoria al mondo reale, si va spesso incontro a degli ostacoli non indifferenti nella definizione di un obiettivo specifico, corretto e completo. È sufficiente pensare ad un’automobile a guida autonoma: per progettarla è doveroso tener conto che l’obiettivo dato alla macchina non può essere semplicemente quello di raggiungere la destinazione in modo sicuro. Invero, è necessario considerare il rischio che comporta un viaggio in automobile, tenendo conto sia dei guasti meccanici sia degli errori e degli incidenti che possono essere causati involontariamente dagli altri guidatori, il che significa che solo lasciando l’automobile ferma in garage verrebbe rispettato appieno il requisito della sicurezza. Risulta quindi necessario evitare di incorrere in incidenti e, allo stesso tempo, raggiungere la destinazione desiderata. In questi casi ci si trova di fronte ad un problema di allineamento dei valori dovuto al necessario raggiungimento di un accordo tra l’obiettivo che viene dato alla macchina e le reali necessità dell’essere umano. Oggi, di conseguenza, l’approccio standard diventa obsoleto e inadeguato nel campo dell’IA, la quale si sta dirigendo sempre più verso la creazione di potenti sistemi che sono in grado di operare nel mondo reale.

 


2. I diversi livelli di autonomia

Alla complessità dello scenario tecnico, si aggiunge la presenza di numerosi standard, elaborati da enti di categoria a carattere nazionale o internazionale e articolati su una scala di livelli di automazione complessiva del mezzo, da utilizzare come riferimento per classificare le singole self-driving cars. Prendiamo ora come riferimento il diffuso standard J3016 della SAE International (Society of Automotive Engineers), il quale si articola su sei livelli ed è stato stilato nel 2014 e rivisto nel 2018.

Il livello 0, denominato no driving automation, riguarda i veicoli privi di qualsivoglia sistema di assistenza alla guida.

Il livello 1, denominato driver assistance, e il livello 2, denominato partial driving automation, fanno riferimento a mezzi in cui l’essere umano è ancora attivamente presente, mentre la macchina è in grado di controllare autonomamente la frenata/accelerazione e lo sterzo. Tali livelli non corrispondono ancora alle self-driving cars vere e proprie: si tratta piuttosto di sistemi automatizzati già presenti in alcuni modelli di auto in commercio e il cui utilizzo può comunque considerarsi già autorizzato da parte dell’ordinamento italiano, in ragione, per l’appunto, della necessaria presenza costante e attiva del guidatore umano, il quale non è sostituito ma soltanto aiutato o facilitato dal mezzo medesimo.

A partire dal livello 3, denominato conditional driving automation, si entra, invece, nel mondo delle self-driving cars. A tale livello, la macchina è già capace di condursi da sola in condizioni ordinarie, pur conservando i comandi di guida e la figura del guidatore. Quest’ultimo è necessario non tanto per operare attivamente in modo continuativo, quanto piuttosto per intervenire nel caso in cui la macchina segnali la necessità di prendere il controllo manuale del mezzo, o in altri casi di emergenza. Le vetture in questione potrebbero dunque essere considerate semi-autonome.

Da ultimo, Il livello 4, denominato high driving automation, e il livello 5, denominato full driving automation, si riferiscono a mezzi tecnicamente capaci di guidarsi da soli senza necessità di controllo umano costante. Al livello 4, l’auto già consente al conducente di dedicarsi ad altre attività durante gli spostamenti: il mezzo è in grado di affrontare autonomamente la grande maggioranza degli scenari possibili, compreso il viaggio senza passeggeri. Nel caso in cui si presentino circostanze non governabili dal sistema, la vettura è programmata per arrestarsi. Anche in questo scenario, tuttavia, l’auto conserva ancora i comandi manuali, per permettere a un eventuale passeggero di gestire eventuali circostanze eccezionali, non governabili dal mezzo. Il volante e i pedali, invece, scompaiono del tutto nelle vetture con automazione di livello 5, potendo esse affrontare da sole qualunque scenario di guida che sarebbe gestibile da un operatore umano. Assieme ai comandi, scompare anche la figura del conducente: tutti gli occupanti del veicolo, se presenti, sono dunque egualmente passeggeri. È il caso, ad esempio, dei futuribili robotaxi.

In conclusione, si può certamente affermare che i mezzi di livello 5 siano i soli davvero completamente autonomi. È opportuno osservare come si renderebbe necessario creare un luogo di circolazione specificamente progettato per tale tipologia di veicoli, così da consentire ai passeggeri di viaggiare in completa sicurezza e affidabilità: ciò apre il tema delle smart cities.





Bibliografia

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