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È registrabile un'opera creata dall'intelligenza artificiale? Dagli Stati Uniti, due decisioni sul tema

Prendiamo le mosse da una conclusione piuttosto logica: non si può considerare giuridicamente autore l'intelligenza artificiale come soggetto giuridico. Riprendiamo, poi, dalla questione con cui si era chiuso il mio precedente contributo: quando, e soprattutto quali, opere generate dall'intelligenza artificiale possono essere protette dal diritto d'autore?

Negli Stati Uniti la questione è già emersa e hanno già avuto modo di esprimersi da un lato il Copyright Office, l'ente governativo deputato alla registrazione del diritto d'autore sulle nuove opere, dall'altro una Corte distrettuale. Il primo caso che si desidera affrontare è stato portato all'attenzione dell'agenzia governativa dal signor Jason Allen, ed è stato deciso il 5 settembre 2023. A rendere la decisione è stato il Review board dell'ente stesso, ovvero un organo interno al Copyright office cui ci si può rivolgere per contestare le decisioni rese dall'ufficio in prima battuta sulle richieste avanzategli.

Il signor Allen aveva domandato la registrazione del copyright sull'opera Théâtre D’opéra Spatial, effettivamente generata dall'intelligenza artificiale, ma poi modificata dallo stesso Allen per renderla esteticamente più gradevole. Il Copyright office rifiutò di registrare tale opera, in prima istanza, ritenendola prevalentemente frutto dell'intelligenza artificiale, non dell'ingegno umano. Il 16 marzo 2023, infatti, lo stesso Copyright office pubblicò lo statement of policy denominato Copyright Registration Guidance: Works Containing Material Generated by Artificial Intelligence, in cui si ribadisce il requisito di autorialità umana (The Human Authorship Requirement) delle opere; che, nel concreto, si declina nell'analisi di quanto un'opera sia "farina del sacco" dell'essere umano e quanto dell'intelligenza artificiale. E proprio questo è l’iter logico seguito dall'ente per rispondere alla domanda proposta in apertura del contributo. Nel caso del signor Allen, in prima battuta la richiesta di registrazione sotto copyright dell'opera venne rifiutata proprio su queste basi, non essendosi ritenuta sussistente il requisito dell'autorialità umana; pertanto, venne proposto "ricorso" al Review Board che, tuttavia, confermò quanto detto in prima istanza. Fondamentale è il passaggio della motivazione resa nella decisione di conferma del rifiuto di registrazione, in cui viene detto espressamente

The Board finds that the Work contains more than a de minimis amount of content generated by artificial intelligence

La linea del Copyright office appare dunque chiara. Emerge il prudente approccio dell'agenzia governativa: bisogna verificare caso per caso che il de minimis amount del contributo dell'intelligenza artificiale non sia superato. Se l'opera non è qualificabile come umana, dunque, non è registrabile.

Una tale posizione è stata confermata anche dalla sentenza resa dalla district court for the district of Columbia il 18 agosto 2023, poco prima della decisione del Review board sopra citata. Il caso – già citato brevemente nel mio precedente articolo, ma che ora si approfondirà – è quello del signor Taler, ricorrente contro una decisione proprio del Copyright office, rappresentato da Shira Perlmutter, in sede giudiziaria.

 Il caso Thaler v. Perlmutter nasce dal ricorso del signor Thaler contro la decisione di negare la richiesta di registrare il diritto d’autore per un’opera grafica generata da un software di intelligenza artificiale posseduto dal richiedente. La principale ragione del rifiuto, essenzialmente, consisteva nel fatto che l'opera mancasse di autorialità umana, requisito indispensabile per il diritto d'autore. Il signor Thaler, invece, sosteneva che il diritto d'autore sull'opera grafica presentata andasse in via automatica a sé trasferito, non potendo una macchina essere titolare di alcun diritto e postulando il fatto che un diritto fosse, in realtà, sussistente. Il ragionamento giuridico del ricorrente, prima facie, può sembrare anche corretto: sosteneva il fatto che, avendo egli dato l'input al proprio programma di intelligenza artificiale, gli spettasse il diritto d'autore sull'output.

La Corte, tuttavia, respinge il ricorso di Thaler e assegna la vittoria processuale alla resistente, argomentando che, pur essendo vero che il diritto d'autore non può spettare ad una macchina ma andrebbe, eventualmente, attribuito ad un essere umano, non vi fosse radicalmente alcun diritto d’autore registrabile – e dunque nemmeno trasferibile al signor Thaler. Ciò per il fatto che un’opera non generata dall’ingegno umano, definito expressis verbis la [condicio] sine qua non at the core of copirightability, non può essere soggetta ad alcun diritto d'autore, mancando il sopra citato requisito fondamentale dell'autorialità umana.

Dalla breve esposizione di questi due casi emerge che il fulcro del ragionamento negli States è intorno all'autorialità umana che, se manca, fa venire meno anche la possibilità stessa di proteggere l'opera con il diritto d'autore, che copre solamente le opere dell'ingegno umano. La vera domanda, dunque, è: quand’è che nei fatti il sistema di intelligenza artificiale prende il sopravvento sulla creatività umana, rendendo un’opera radicalmente non registrabile?





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